TIROCINI EXTRACURRICULARI: UN VANTAGGIO PER IL FUTURO DELLE AZIENDE.

L’attivazione di tirocini extracurriculari rappresenta una risorsa preziosa per le aziende desiderose di accrescere il proprio patrimonio di competenze e migliorare l’efficienza operativa. Questa pratica va oltre il tradizionale approccio legato ai percorsi di studio e offre una serie di vantaggi che possono portare a risultati tangibili, quali ad esempio:

  • Scoperta di nuovi talenti: I tirocini extracurriculari consentono alle aziende di scoprire e valutare giovani talenti promettenti. Questi tirocinanti portano con loro prospettive, idee innovative, che possono stimolare la creatività e l’innovazione all’interno dell’organizzazione.
  • Riduzione dei costi di reclutamento: Un tirocinante ben istruito potrebbe diventare un candidato ideale per una posizione a tempo pieno in futuro. Il processo di inserimento può risultare quindi più efficiente e meno oneroso, in quanto le aziende hanno già una conoscenza approfondita delle capacità e dell’adattabilità del candidato.
  • Risorse per progetti speciali: L’apporto dei tirocinanti può essere prezioso per progetti speciali o temporanei che richiedono risorse aggiuntive. Le aziende possono assegnare tali progetti ai tirocinanti, liberando così il personale a tempo pieno per compiti essenziali.
  • Agilità e Adattabilità: I tirocinanti, spesso caratterizzati da una mentalità flessibile e aperta al cambiamento, possono contribuire a rendere l’organizzazione più agile e adattabile. La loro presenza può favorire la capacità dell’azienda di rispondere prontamente alle sfide del mercato e alle nuove opportunità.
  • Crescita dell’Immagine Aziendale: Investire nei tirocini extracurriculari dimostra che un’azienda è impegnata a sostenere l’istruzione e l’occupazione giovanile. Questo impegno può aumentare l’attrattiva dell’azienda per i consumatori, i partner commerciali e i potenziali investitori.

I tirocini extracurriculari rappresentano un ottimo investimento per le aziende e offrono una serie di vantaggi che vanno oltre il breve termine. Attraverso questi programmi, infatti, le aziende possono contribuire alla formazione di talenti promettenti, migliorare le loro operazioni, stimolare l’innovazione e costruire un futuro solido per l’organizzazione.
In conclusione, investire in tirocini extracurriculari è un passo intelligente per qualsiasi azienda che mira a crescere, tenendo ben presente l’impatto positivo che ha questa pratica sull’immagine del brand relativamente all’employer branding, ossia la reputazione che un’azienda si costruisce come datore di lavoro.

IL WELFARE AZIENDALE: ATTRARRE E FIDELIZZARE I MIGLIORI TALENTI, MIGLIORARE LA QUALITÀ DI VITA E L’IMPATTO AZIENDALE.

Nell’attuale mondo del lavoro, le aziende si trovano a competere non solo per ottenere i migliori talenti ma anche per mantenerli felici e produttivi. Una delle soluzioni più efficaci per raggiungere questi obiettivi è il Welfare Aziendale, un insieme di iniziative, benefit e piani pensati per migliorare la qualità lavorativa e di vita dei dipendenti. In questo articolo, esploreremo nel dettaglio cos’è il Welfare Aziendale, a cosa serve, come realizzarlo, con chi collaborare, le tempistiche, i vantaggi e come misurare il suo impatto.

Cos’è il Welfare Aziendale?

Il Welfare Aziendale rappresenta l’insieme di tutte le iniziative, i benefit e i piani messi in atto dal datore di lavoro con l’obiettivo di migliorare la qualità lavorativa e di vita del dipendente. Questo approccio non riguarda solamente l’aspetto economico, ma comprende anche la sfera emotiva e psicologica del dipendente, contribuendo così a creare un ambiente di lavoro più accogliente e stimolante.

A Cosa Serve il Welfare Aziendale?

Il Welfare Aziendale è uno strumento formidabile per le aziende che desiderano attrarre e fidelizzare i migliori talenti sul mercato. Offrendo benefit e iniziative di qualità, le aziende diventano più attraenti per i professionisti di alto livello, contribuendo a costruire una forza lavoro di qualità superiore. Ma i benefici del Welfare Aziendale non si fermano qui. Questo approccio è in grado di alzare gli standard qualitativi e produttivi dell’azienda, migliorando la qualità di vita dei collaboratori. Quando i dipendenti si sentono apprezzati e supportati, è più probabile che si impegnino al massimo nelle loro attività.

Come Realizzare un Programma di Welfare Aziendale

La realizzazione di un programma di Welfare Aziendale richiede un’attenta pianificazione. Ecco i passi chiave per avviare con successo un programma di questo tipo:

  1. Individuare il Budget

Prima di tutto, è essenziale individuare il budget da investire in base agli obiettivi aziendali da raggiungere. Definire un budget adeguato è cruciale per garantire il successo del programma.

  1. Identificare i Bisogni e gli Interessi dei Dipendenti

Un altro passo fondamentale è l’individuazione dei bisogni e degli interessi di ogni generazione presente nell’azienda. Ogni gruppo di età può avere esigenze diverse, e comprendere queste differenze aiuta a creare un programma su misura.

  1. Collaborare con Esperti

Per garantire che il programma sia conforme alla normativa e ben gestito, è consigliabile collaborare con un consulente specializzato nel Welfare Aziendale. Questi professionisti sono in grado di guidare l’azienda nella creazione e nell’attuazione del piano Welfare.

  1. Partner Tecnologico

Un elemento importante è la presenza di un partner tecnologico, come una piattaforma che eroga i servizi scelti dai beneficiari. Questo semplifica la gestione dei benefit e garantisce un’esperienza senza intoppi per i dipendenti.

Tempistiche di Realizzazione

Tendenzialmente un piano Welfare può essere attivato in qualsiasi momento dell’anno, ma richiede una fase preparatoria di almeno due mesi. Durante questa fase, è essenziale formulare un regolamento specifico che abbia una validità minima di 12 mesi. Questo regolamento rappresenta il quadro normativo all’interno del quale verranno erogati i benefit ai dipendenti.

Vantaggi del Welfare Aziendale

I vantaggi sono numerosi e possono avere un impatto significativo sull’azienda e sui dipendenti. Eccone alcuni:

– Cuneo Fiscale Azzerato

Ciò significa che i benefit offerti ai dipendenti sono esenti da tasse fino a un certo importo. Questo non solo rappresenta un beneficio tangibile per i dipendenti, ma riduce anche il costo complessivo per l’azienda.

– Aumento della Competitività Imprenditoriale

Offrire un solido programma di Welfare Aziendale rende l’azienda più competitiva sul mercato del lavoro. Attrae talenti di alta qualità e contribuisce a migliorare la reputazione dell’azienda.

– Favorevole Impatto Sociale

Il Welfare Aziendale ha un impatto sociale positivo. Contribuisce a migliorare la qualità della vita dei dipendenti, consentendo loro di affrontare le sfide quotidiane con maggiore serenità.

– Miglioramento del Clima Aziendale

Un ambiente di lavoro che si preoccupa del benessere dei dipendenti tende ad avere un clima aziendale più positivo. Questo si traduce in una maggiore soddisfazione dei dipendenti e in un miglioramento della produttività.

– Raggiungimento di Obiettivi Condivisi

Il Welfare Aziendale favorisce il raggiungimento di obiettivi condivisi tra azienda e dipendenti. Quando le due parti collaborano per migliorare la qualità di vita e la produttività, il successo è garantito.

Come Misurare l’Impatto del Welfare Aziendale

La misurazione dell’efficacia del Welfare Aziendale è fondamentale per valutare il ritorno sull’investimento. Una metrica utile in questo contesto è il “Welfare Index PMI“, un rating che valuta il livello di Welfare Aziendale nelle piccole e medie imprese italiane. Questo indice permette di crescere in qualità, visibilità e attrattività sul mercato del lavoro.

ESSERE COMPETITIVI SUL MERCATO GRAZIE ALLA FORMAZIONE (FINANZIATA) DEI DIPENDENTI.

Nel moderno mondo del lavoro, sempre in evoluzione, la formazione continua è diventata una leva determinante per il successo delle aziende.

I dipendenti, indipendentemente dal settore di appartenenza, devono costantemente acquisire nuove abilità per adattarsi alle nuove sfide e alle richieste del mercato: in questo scenario, la formazione finanziata con i Fondi Interprofessionali emerge come una soluzione strategica.

Questi Fondi sono sovvenzionati da una piccola percentuale dei contributi previdenziali versati mensilmente (e obbligatoriamente) dalle imprese e sono rivolti esclusivamente al finanziamento di programmi di formazione dei lavoratori subordinati, offrendo numerosi vantaggi sia alle imprese che ai dipendenti.

Per le aziende, rappresenta un modo per ottimizzare l’utilizzo delle risorse finanziarie, in quanto il fondo sostiene gran parte se non in alcuni casi l’intero costo della formazione, oltre al fatto che la formazione continua può contribuire a ridurre la necessità di reclutare personale esterno con competenze specifiche, poiché i dipendenti interni possono acquisirle appunto attraverso i programmi finanziati.

Dall’altro lato, i dipendenti che partecipano a programmi di formazione vedono crescere il proprio valore professionale. L’acquisizione di nuove competenze non solo può portare a nuove opportunità di carriera, ma può anche migliorare la fiducia e la soddisfazione sul lavoro. In un mondo in cui l’evoluzione delle competenze è fondamentale, i lavoratori che mantengono il passo con le ultime tendenze avranno infatti un vantaggio competitivo.

Le aziende che offrono opportunità di formazione finanziata dimostrano di investire nel capitale umano e di valorizzare i propri dipendenti. Questo crea un ambiente di lavoro più stimolante, in cui i collaboratori si sentono incoraggiati a crescere professionalmente. L’acquisizione di nuove competenze non solo migliora le performance individuali, ma può anche influenzare positivamente la produttività complessiva dell’azienda.

In definitiva grazie a questi fondi le aziende, con l’aiuto del giusto Professionista che la supporti nell’individuare i reali fabbisogni formativi richiesti dall’attuale mercato del lavoro, possono abbracciare il cambiamento e prosperare nell’era della trasformazione continua.

RETRIBUZIONI E BENEFIT OGGI. COSA OFFRIRE AI NOSTRI COLLABORATORI

Già il titolo di questo articolo è sufficiente a far capire quanto l’argomento sia scottante e di forte attualità.

Addentrandoci nel tema “retribuzione e benefit“, possiamo subito evidenziare com gli stipendi non salgano ormai da diverso tempo, dal momento che il loro  gap netto/costo è sempre molto rilevante. C’è stata molta cautela nel concedere ai propri dipendenti degli aumenti sia nel corso del 2022, che durante questi mesi del 2023, mantenendone i livelli per lo più invariati.

Questa decisione, da parte delle imprese, è dovuta anche  al fatto di aver voluto adottare un criterio di discreta prudenza nella gestione dei propri budget, a fronte dell’instabilità improvvisa dei mercati internazionali e della crisi energetica emersa a seguito dello scoppio del conflitto bellico in Ucraina.

Volendo ipotizzare uno scenario nel prossimo futuro, possiamo pensare che le aziende continueranno ad adottare molta cautela nei propri investimenti e, di conseguenza, anche nella direzione degli aumenti salariali.

I dipendenti, pertanto, si rivolgono e si rivolgeranno sempre di più a contesti aziendali che possano, in diversi modi, agevolare il contenimento dei propri costi di gestione, sedi agevolmente raggiungibili, con possibilità di flessibilità sia negli orari che nel luogo di lavoro, con disponibilità di benefit, insomma  che  migliorino in definitiva, se non l’introito in denaro, la qualità della loro vita.

I benefit che le aziende possono offrire ai propri collaboratori di natura non monetaria, con lo scopo di proporre ai propri collaboratori migliori condizioni di lavoro e rimanere competitive rispetto agli standard del settore di riferimento, tenendosi stretti così i migliori talenti, sono di vario tipo.

Possiamo dire che computer, buoni pasto e telefono sono ormai oggi considerati una “dotazione standard” nella quasi totalità delle offerte lavorative proposte dalle imprese, mentre stanno finalmente prendendo sempre più piede anche altre forme di vantaggi disponibili riguardanti il benessere della persona, l’assistenza familiare e l’equilibrio tra lavoro e vita privata.

In buona sostanza, possiamo dire che tutto quanto è WELFARE AZIENDALE.

Come possiamo rilevare dalla statistica qui sotto riportata, dal punto di vista dei dipendenti, i benefit più desiderati sono quelli relativi alla possibilità di raggiungere un ottimale work-life balance ed alla flessibilità lavorativa.

BENEFIT  ATTUALMENTE PIU’ APPREZZATI   (Fonte:  Hays italia)

  • 53%   Lavoro flessibile
  • 51%   Assicurazione sanitaria | Copertura medica privata
  • 48%  Buoni pasto | Mensa aziendale
  • 41%   Computer uso promiscuo
  • 19%   Telefono uso promiscuo
  • 17%   Auto aziendale
  • 12%  Fondi pensionistici
  • 9%  Assicurazione vita
  • 7%  Incentivi azionari
  • 6%  Istruzione figli
  • 6%  Rimborso utenze domestiche
  • 6%  altro

Sappiamo bene che il pacchetto benefit è oggi uno dei principali aspetti, oltre allo stipendio, che viene preso in considerazione sia quando le persone decidono se accettare o meno un’offerta di lavoro, sia quando valutano se rimanere o meno al proprio posto di lavoro, magari aspirando a ricoprire un ruolo che si allinei al meglio con la propria esperienza, esigenza ed aspettativa.

La flessibilità ed il benessere personale stanno diventando tematiche di discussione sempre più importanti nei luoghi di lavoro e la produttività/redditività delle imprese sono strettamente collegate a questi valori.

INCENTIVI E ASSUNZIONI AGEVOLATE

Quando si parla di Incentivi o di Assunzioni Agevolate, ci si riferisce a un insieme di misure previste dal nostro sistema giuridico, volte a promuovere l’inserimento, il reinserimento e la stabilizzazione di specifiche categorie di lavoratori a fronte di un contributo economico che consente, almeno in parte, di ridurne il costo.

In particolare, l’obiettivo principale delle assunzioni agevolate è quello di favorire l’accesso al mondo del lavoro per specifiche classi di lavoratori che incontrano maggiori difficoltà nell’inserimento.

Solitamente i destinatari di tali misure sono:

  • giovani under 30
  • under 36 precari
  • over 50 o donne disoccupati di lungo periodo
  • persone con disabilità
  • percettori di prestazioni di sostegno al reddito
  • persone residenti in specifiche zone territoriali

Si vuole così “spingere” la stabilizzazione, ad esempio, di giovani privi di esperienza, lavoratori che si sono sempre trovate in uno stato di precarietà nell’arco della vita lavorativa, persone fuori dal mercato del lavoro da diverso tempo, individui con ridotta capacità lavorativa, soggetti che a causa di momentanea difficoltà economica gravano sulla collettività, persone che vivono in regioni con alto tasso di disoccupazione.

Queste categorie hanno tutte un elemento in comune: entrare/rientrare nel mercato del lavoro si prospetta, per loro, più arduo rispetto a “colleghi” che non fanno parte delle categorie sopra descritte.  Qui entra in gioco lo Stato (o gli enti locali), prevedendo un “ristoro” economico a favore dell’azienda che dà a queste categorie l’opportunità di formarsi, riqualificarsi, adeguando le postazioni di lavoro o ancora procurando un risparmio alla collettività.

Queste agevolazioni solo molto varie e possono riguardare sia gli aspetti fiscali che quelli contributivi, oppure concretizzarsi in particolari tipologie contrattuali o in veri e propri contributi erogati direttamente sul conto corrente dell’azienda. Possono essere strutturali o temporanei, a rimborso o a compensazione, retroattivi o con decorrenza futura.

Per beneficiare di tali incentivi è fondamentale soddisfare determinati requisiti e rispettare le specifiche normative europee e nazionali (dal rispetto dei principi generali, che più o meno tutti gli incentivi abbracciano, sino alla regolarità contributiva – il c.d. DURC – dell’azienda richiedente).

Come può, quindi, un’azienda essere sempre informata e poter beneficiare di queste agevolazioni?

Subentra qui la figura del Consulente del lavoro, un professionista che riveste un ruolo fondamentale per le imprese che desiderano, appunto, ottimizzare le proprie risorse e beneficiare delle suddette agevolazioni.
Queste ultime rappresentano un’opportunità preziosa per le aziende che intendono accrescere le proprie squadre con un considerevole risparmio sui costi.

In conclusione, un (bravo) professionista ha quindi il compito di guidare le aziende attraverso il complesso labirinto delle disposizioni normative legate al mondo alle assunzioni agevolate, indicando loro il modo corretto di massimizzare i vantaggi offerti dagli incentivi disponibili.

IL FENOMENO DELLE DIMISSIONI E LA RICERCA DELLA SOSTENIBILITÀ

Diventa sempre più frequente, per i lavoratori, preferire le dimissioni alla consueta vita d’ufficio.
Questo fenomeno delle “grandi dimissioni” non scaturisce soltanto dalla stanchezza dei lavoratori nell’affrontare le classiche problematiche legate al recarsi in ufficio ma deriva anche da una maggiore consapevolezza e determinazione nel cercare una nuova sostenibilità e nel desiderare, fortemente, di diventare esseri umani migliori.

Queste parole trovano conferma nell’indagine condotta da Deloitte[1] (e riportata da “Il Sole 24 ore”[2]), dove si evince che per l’80% dei lavoratori italiani è sempre più importante che la loro azienda si impegni concretamente in programmi e iniziative di sostenibilità e solo il 15% di dichiara di lavorare per un’organizzazione del genere.

 

Sostenibilità, appunto, non soltanto riguardo all’aspetto ambientale ma in riferimento anche ad un Capitale Umano verso il quale le aziende dovranno garantire “una visione più agile, inclusiva e sostenibile del lavoro”[3].

Sempre secondo questo sondaggio, 6 persone su 10 sono interessate a rimanere in un’azienda che crea valore non solo per gli azionisti ma anche per i lavoratori, in quanto esseri umani, e per la società in

generale.

Progettare ambienti fisici, digitali o ibridi che si adattino alle diverse esigenze lavorative, rispettando le preferenze delle persone rispetto al “come”, “quando” e “dove” svolgere il proprio lavoro.
È questa la sfida che le aziende oggi devono affrontare costantemente, ridefinire il concetto di “luogo di lavoro” rispettando le preferenze del proprio capitale umano e accompagnando loro con un adeguato avanzamento tecnologico.

Tornando ai dati, solo il 14% del campione intervistato ritiene che la loro azienda sia pronta a questa evoluzione e, al tempo stesso, il 14% delle aziende italiane si sente preparata a sostenere una maggiore influenza dei dipendenti nei contesti lavorativi.

 

Cosa significa questo?
Senza ombra di dubbio, è necessario che i leader adottino una nuova mentalità e un nuovo “modus operandi” che consenta loro di sperimentare con curiosità e coltivare relazioni profonde con le persone.

 

Voi siete pronti?

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[1] https://www2.deloitte.com/us/en/insights/focus/human-capital-trends.html#framing-the-challenge  (ultima consultazione: 19.04.2023)

[2] https://alleyoop.ilsole24ore.com/2023/04/18/generazione-dimissioni/?utm_medium=LISole24Ore&utm_source=LinkedIn#Echobox=1681826328-2 (ultima consultazione: 19.04.2023)

[3] Ibidem

Il potere del capitale invisibile

Partiamo subito dal concetto che definisce il tema di questo articolo:
CAPITALE INVISIBILE = RISORSE UMANE + EFFICIENTAMENTO ORGANIZZATIVO/TECNOLOGICO

Il risultato di questa equazione è il valore del capitale umano di un’impresa, ad oggi il più importante.

I costi sommersi che derivano dalla non consapevolezza da parte dell’imprenditore del concetto sopra espresso sono notevoli ed incidono sul bilancio aziendale in modo determinante.

Quando una risorsa lascia l’azienda, fenomeno oramai sempre più frequente, ci sono costi dei quali non si riesce a tenere traccia:

  • Ricerca
  • Colloqui
  • Assunzione (se l’azienda piace ed è attrattiva!)
  • Orientamento e formazione con affiancamento di altre risorse aziendali.

Oltre a questi, ancora più difficile è determinare il costo di una serie di dinamiche innescate dal turn-over stesso, come la perdita di produttività/conoscenza e l’interferenza negativa sul clima aziendale, con conseguente perdita di fiducia che tende a portare con sé disimpegno su chi rimane.

Non stiamo sostenendo, con questo, che la risorsa deve essere trattenuta a tutti i costi in azienda se la sua volontà è quella di cambiare (tipo di lavoro, luogo dove abitare, etc.).

Ma c’è un dato statistico su cui vale la pena riflettere:

DURATA MEDIA IN ANNI
DEL POSTO DI LAVORO                           GENERAZIONE                        ANNI NASCITA

8                                                                       BABY BOOMERS                         (1945-1960)

5,4                                                                    GENERAZIONE X                         (1961-1980)

2,4                                                                    MILLENNIALS                               (1981-1995)

1,2                                                                     GENERAZIONE Z                         (1995 in poi)

 

Cosa possiamo dedurre da tutto ciò?
È necessario focalizzare l’attenzione su quanto sia possibile migliorare la nostra organizzazione aziendale, aumentando il benessere dei nostri collaboratori e la loro gratificazione, sia dal lato formazione/carriera, sia dal lato benefit, per metterci nella condizione di non perdere i migliori talenti che abbiamo e risultare sempre più attrattivi nei confronti dei nuovi.

La tua azienda a quale scenario appartiene?
Vi riporto, di seguito, solo alcune “considerazioni”:

PASSATO                                                                           FUTURO

Lavorare 9-18                                                                     Lavorare in qualsiasi momento

Lavorare in ufficio                                                            Lavorare ovunque

Utilizzare il device aziendale                                        Utilizzare qualsiasi device

Accumulare informazioni                                             Condividere le informazioni

Basato sulle email                                                           Basato sula collaborazione tecnologica

Basato sulle conoscenze                                               Basato sulla formazione continua

 

Risorse umane e Aziende: come tenere e attrarre i talenti

Secondo l’indagine “InfoJobs Trend HR 2022”, realizzata fra dicembre 2021 e gennaio 2022 su un campione di 180 aziende italiane, la sfida da vincere in questo momento per il 41,1% di queste imprese è quella di trattenere e attrarre i talenti (Attraction&Retention).

Parto subito dal dato più significativo per evidenziare come, nella previsione futura relativa ai prossimi 5 anni sui collaboratori/candidati, sia solo il 7,9% delle risorse umane ad esprimere l’intenzione di rimanere nell’ azienda in cui attualmente lavora.

La motivazione determinante che porta una risorsa a restare nell’attuale contesto lavorativo è perché apprezza l’ambiente e ha un rapporto di fiducia consolidato con i titolari dell’azienda.
Ma va sottolineato che la risorsa vorrebbe comunque avere maggiori responsabilità e peso nelle decisioni importanti oltre alla possibilità di una crescita con adeguata formazione.

Che cosa vuol dire questo?
Che desiderano partecipare più attivamente all’evoluzione, al cambiamento nella proposta dei servizi/prodotti offerti, essere coinvolti nei passaggi importanti della vision aziendale.
Non è più attuale il pensare che possiamo suddividere i nostri collaboratori in “statici” e “dinamici”, in chi è chiamato a svolgere solo mansioni routinarie “ingessate” piuttosto che creative e flessibili.

Oggi, anche la mansione più semplice e, all’apparenza, ripetitiva è soggetta a continui mutamenti.
Rimanere aperti e ascoltare non solo il manager ma tutti coloro che partecipano ai processi aziendali ci consente di rendere il processo lavorativo dinamico e di far crescere e valorizzare tutte le risorse aziendali, qualsiasi sia il loro ruolo.
In aggiunta, se riusciamo nell’intento, ne conseguirà automaticamente una gratificazione economica.

Possiamo far crescere, quindi, la percentuale da cui abbiamo preso spunto all’inizio dell’articolo, provando a rivolgere la nostra attenzione intorno a noi con uno sguardo diverso!

La fase storica che stiamo attraversando rappresenta una grande opportunità per la costruzione di modelli di collaborazione e di ambienti di lavoro che rispondano in maniera efficace alla nuova sensibilità e alle nuove sfide che ci aspettano, da oggi in poi!

Imprenditori straordinari

Pensi di essere un imprenditore ordinario o straordinario? Sulla base di che cosa ti daresti una di queste definizioni? Sei davvero certo di conoscere il significato del concetto “straordinario”?

Partiamo dall’inizio, da ciò che mi ha portato a fare questa riflessione e a chiedermi cosa dovessi fare per essere un imprenditore straordinario.

Nel corso degli anni di attività nel settore dell’imprenditoria e del Business Coach ho avuto modo di entrare a stretto contatto con diversi tipi di imprenditori che svolgevano, e alcuni tutt’ora svolgono, le più svariate professioni, dal proprietario di attività commerciali nel settore della ristorazione al titolare di azienda del settore tessile.

Nonostante le differenze tra le molte attività incontrate, c’è sempre stato, tra tutte, un qualcosa che legava ognuna di queste professioni; un qualcosa simile ad una sorta di lamentela o, per essere più precisi, una “paura” condivisa dai più. Mi riferisco ai guadagni derivanti dalla propria attività per fronteggiare tutte le spese che il ruolo comporta.

Le frasi più popolari che sento ripetere sono: “Lavoriamomoltoeguadagniamopoco’: “Noiciprendiamodeirischi”,“Aidipendentiinteressapocoonulladell’azienda’:Questi sono alcuni esempi delle esternazioni più ricorrenti tra tutti gli imprenditori, ma quella che reputo la più “bella” di tutte è: “Lavoro per pagare idipendenti!”.

Ecco. Fermiamoci un attimo. Tali affermazioni meritano un’attenta analisi.

Essere imprenditore significa, prima di tutto, aver chiaro quale sia il proprio business, assumere consapevolezza e responsabilità del proprio ruolo e di conseguenza di ciò che si dice e si crede.

L’ordinarietà dell’imprenditore risiede proprio in questo: lavorare 10 ore al giorno e spesso anche di più, rischiare, ricevere lo “stipendio” dopo essersi assicurati di aver pagato i propri dipendenti/collaboratori, prendersi cura di sé stessi perché non si può essere mai assenti, continuare a formarsi, avere una lodevole cultura finanziaria. Sono tutti aspetti che rientrano nell’ordinarietà di questo ruolo e che quindi fanno di voi un imprenditore ORDINARIO.

Ciò che, invece, viene richiesto a questa professione è di diventare IMPRENDITORI STRAORDINARI, di cominciare a pensare in modo straordinario e fare cose straordinarie. È esattamente questo il punto! Ed è ciò chi mi porta a riflettere sul mio modus operandi ogni giorno, su come relazionarmi con le risorse, su cosa migliorare nel mio business per diventare straordinario.

Ci chiedevamo all’inizio il significato del concetto straordinario. Bene, l’enciclopedia Treccani1 riporta quanto segue: “Non ordinario, che esce dall’ordinario, dal solito, dal normale o dal comune”. In sostanza, applicando tale definizione al nostro contesto, possiamo intendere ciò che nessuno fa.

Quando pensiamo di fare qualcosa di straordinario, ciò che dobbiamo chiederci è: chi sta facendo questa cosa? Se la risposta sarà “nessuno!” vuol dire che sei sulla strada giusta! Ricordiamoci che quanto appena visto vale per ogni settore di un’azienda e che bisogna focalizzare le proprie energie sul fare qualcosa di straordinario per i propri dipendenti, per la mission aziendale, per i beni e servizi che l’attività produce.
Insomma, straordinario si, per tutto ciò che comporta il tuo lavoro e, di conseguenza, per tutto ciò che riguarda la tua vita.

1 1 http://www.treccani.it/vocabolario/straordinario/

La formazione e la sua importanza

Al giorno d’oggi, in un mercato imprenditoriale sempre più complesso, ogni azienda punta a preservare la propria competitività e, per farlo, attinge da una risorsa che consente di possedere un vantaggio nei confronti dei rispettivi competitors, la FORMAZIONE.

Per un’azienda è fondamentale motivare e gratificare le risorse umane che operano al suo interno, in quanto queste vedono in maniera senz’altro positiva l’intento aziendale di investire su dei percorsi formativi-professionali.

Da questo punto di vista la formazione mostra risvolti positivi in 3 direzioni:

  1. Fa acquisire competenze;
  2. Colma eventuali lacune all’interno dell’azienda;
  3. Valorizza le potenzialità e può determinare la scoperta di talenti.

Ma in cosa consiste, dunque, un processo di formazione?

Solitamente tale processo di formazione del personale si articola in 4 fasi:

  1. L’analisi del fabbisogno.

Ancor prima di intervenire in termini di formazione, l’azienda deve occuparsi di capire quale possa essere l’effettivo fabbisogno formativo. Per questo motivo viene svolta, in prima istanza, un’analisi in ogni reparto aziendale, dove saranno raccolte informazioni sulla vision dell’azienda, sull’andamento del mercato e dei competitors, sull’organizzazione della sede. Successivamente verranno evidenziati tutti i possibili margini di miglioramento e saranno stabilite le principali aree di intervento.

  1. Progettazione ed erogazione della formazione.

Alla luce di quanto appreso dalla prima fase di analisi, è determinante pianificare tutto il percorso di formazione, dai contenuti ai criteri di valutazione, passando per le modalità e le tempistiche di svolgimento.

  1. La valutazione del processo.

La terza fase prevede la valutazione, da parte dell’azienda, dell’efficacia di tutto il percorso, verificando che le competenze e le nuove conoscenze acquisite dalle risorse

vengano trasformate in azioni concrete e se queste, nel medio-lungo periodo, comportino o meno dei risvolti positivi per l’azienda stessa.

  1. La revisione del processo formativo.

Spesso, ed erroneamente, molti credono che la fase di valutazione sia l’ultimo step del percorso di formazione. Invece a questa fase segue quella, probabilmente, più importante di tutte, ossia la fase di revisione del processo formativo. Questo perché è da ciò che emerge dalla valutazione che l’azienda può rivedere e tarare meglio i successivi percorsi, individuando dove si è commesso qualche errore e, nel caso, rimediare agli stessi.

Formare il proprio personale su competenze specifiche relative all’azienda o ai suoi settori correlati è determinante per essere competitivi nel mercato imprenditoriale. Quindi, intendere le risorse umane come proprio capitale, in quanto ricchezza aziendale di professionalità, porta a investire logicamente su di esso per un miglior rendimento professionale e umano.