Risorse umane e Aziende: come tenere e attrarre i talenti

Secondo l’indagine “InfoJobs Trend HR 2022”, realizzata fra dicembre 2021 e gennaio 2022 su un campione di 180 aziende italiane, la sfida da vincere in questo momento per il 41,1% di queste imprese è quella di trattenere e attrarre i talenti (Attraction&Retention).

Parto subito dal dato più significativo per evidenziare come, nella previsione futura relativa ai prossimi 5 anni sui collaboratori/candidati, sia solo il 7,9% delle risorse umane ad esprimere l’intenzione di rimanere nell’ azienda in cui attualmente lavora.

La motivazione determinante che porta una risorsa a restare nell’attuale contesto lavorativo è perché apprezza l’ambiente e ha un rapporto di fiducia consolidato con i titolari dell’azienda.
Ma va sottolineato che la risorsa vorrebbe comunque avere maggiori responsabilità e peso nelle decisioni importanti oltre alla possibilità di una crescita con adeguata formazione.

Che cosa vuol dire questo?
Che desiderano partecipare più attivamente all’evoluzione, al cambiamento nella proposta dei servizi/prodotti offerti, essere coinvolti nei passaggi importanti della vision aziendale.
Non è più attuale il pensare che possiamo suddividere i nostri collaboratori in “statici” e “dinamici”, in chi è chiamato a svolgere solo mansioni routinarie “ingessate” piuttosto che creative e flessibili.

Oggi, anche la mansione più semplice e, all’apparenza, ripetitiva è soggetta a continui mutamenti.
Rimanere aperti e ascoltare non solo il manager ma tutti coloro che partecipano ai processi aziendali ci consente di rendere il processo lavorativo dinamico e di far crescere e valorizzare tutte le risorse aziendali, qualsiasi sia il loro ruolo.
In aggiunta, se riusciamo nell’intento, ne conseguirà automaticamente una gratificazione economica.

Possiamo far crescere, quindi, la percentuale da cui abbiamo preso spunto all’inizio dell’articolo, provando a rivolgere la nostra attenzione intorno a noi con uno sguardo diverso!

La fase storica che stiamo attraversando rappresenta una grande opportunità per la costruzione di modelli di collaborazione e di ambienti di lavoro che rispondano in maniera efficace alla nuova sensibilità e alle nuove sfide che ci aspettano, da oggi in poi!

Imprenditori straordinari

Pensi di essere un imprenditore ordinario o straordinario? Sulla base di che cosa ti daresti una di queste definizioni? Sei davvero certo di conoscere il significato del concetto “straordinario”?

Partiamo dall’inizio, da ciò che mi ha portato a fare questa riflessione e a chiedermi cosa dovessi fare per essere un imprenditore straordinario.

Nel corso degli anni di attività nel settore dell’imprenditoria e del Business Coach ho avuto modo di entrare a stretto contatto con diversi tipi di imprenditori che svolgevano, e alcuni tutt’ora svolgono, le più svariate professioni, dal proprietario di attività commerciali nel settore della ristorazione al titolare di azienda del settore tessile.

Nonostante le differenze tra le molte attività incontrate, c’è sempre stato, tra tutte, un qualcosa che legava ognuna di queste professioni; un qualcosa simile ad una sorta di lamentela o, per essere più precisi, una “paura” condivisa dai più. Mi riferisco ai guadagni derivanti dalla propria attività per fronteggiare tutte le spese che il ruolo comporta.

Le frasi più popolari che sento ripetere sono: “Lavoriamomoltoeguadagniamopoco’: “Noiciprendiamodeirischi”,“Aidipendentiinteressapocoonulladell’azienda’:Questi sono alcuni esempi delle esternazioni più ricorrenti tra tutti gli imprenditori, ma quella che reputo la più “bella” di tutte è: “Lavoro per pagare idipendenti!”.

Ecco. Fermiamoci un attimo. Tali affermazioni meritano un’attenta analisi.

Essere imprenditore significa, prima di tutto, aver chiaro quale sia il proprio business, assumere consapevolezza e responsabilità del proprio ruolo e di conseguenza di ciò che si dice e si crede.

L’ordinarietà dell’imprenditore risiede proprio in questo: lavorare 10 ore al giorno e spesso anche di più, rischiare, ricevere lo “stipendio” dopo essersi assicurati di aver pagato i propri dipendenti/collaboratori, prendersi cura di sé stessi perché non si può essere mai assenti, continuare a formarsi, avere una lodevole cultura finanziaria. Sono tutti aspetti che rientrano nell’ordinarietà di questo ruolo e che quindi fanno di voi un imprenditore ORDINARIO.

Ciò che, invece, viene richiesto a questa professione è di diventare IMPRENDITORI STRAORDINARI, di cominciare a pensare in modo straordinario e fare cose straordinarie. È esattamente questo il punto! Ed è ciò chi mi porta a riflettere sul mio modus operandi ogni giorno, su come relazionarmi con le risorse, su cosa migliorare nel mio business per diventare straordinario.

Ci chiedevamo all’inizio il significato del concetto straordinario. Bene, l’enciclopedia Treccani1 riporta quanto segue: “Non ordinario, che esce dall’ordinario, dal solito, dal normale o dal comune”. In sostanza, applicando tale definizione al nostro contesto, possiamo intendere ciò che nessuno fa.

Quando pensiamo di fare qualcosa di straordinario, ciò che dobbiamo chiederci è: chi sta facendo questa cosa? Se la risposta sarà “nessuno!” vuol dire che sei sulla strada giusta! Ricordiamoci che quanto appena visto vale per ogni settore di un’azienda e che bisogna focalizzare le proprie energie sul fare qualcosa di straordinario per i propri dipendenti, per la mission aziendale, per i beni e servizi che l’attività produce.
Insomma, straordinario si, per tutto ciò che comporta il tuo lavoro e, di conseguenza, per tutto ciò che riguarda la tua vita.

1 1 http://www.treccani.it/vocabolario/straordinario/

La formazione e la sua importanza

Al giorno d’oggi, in un mercato imprenditoriale sempre più complesso, ogni azienda punta a preservare la propria competitività e, per farlo, attinge da una risorsa che consente di possedere un vantaggio nei confronti dei rispettivi competitors, la FORMAZIONE.

Per un’azienda è fondamentale motivare e gratificare le risorse umane che operano al suo interno, in quanto queste vedono in maniera senz’altro positiva l’intento aziendale di investire su dei percorsi formativi-professionali.

Da questo punto di vista la formazione mostra risvolti positivi in 3 direzioni:

  1. Fa acquisire competenze;
  2. Colma eventuali lacune all’interno dell’azienda;
  3. Valorizza le potenzialità e può determinare la scoperta di talenti.

Ma in cosa consiste, dunque, un processo di formazione?

Solitamente tale processo di formazione del personale si articola in 4 fasi:

  1. L’analisi del fabbisogno.

Ancor prima di intervenire in termini di formazione, l’azienda deve occuparsi di capire quale possa essere l’effettivo fabbisogno formativo. Per questo motivo viene svolta, in prima istanza, un’analisi in ogni reparto aziendale, dove saranno raccolte informazioni sulla vision dell’azienda, sull’andamento del mercato e dei competitors, sull’organizzazione della sede. Successivamente verranno evidenziati tutti i possibili margini di miglioramento e saranno stabilite le principali aree di intervento.

  1. Progettazione ed erogazione della formazione.

Alla luce di quanto appreso dalla prima fase di analisi, è determinante pianificare tutto il percorso di formazione, dai contenuti ai criteri di valutazione, passando per le modalità e le tempistiche di svolgimento.

  1. La valutazione del processo.

La terza fase prevede la valutazione, da parte dell’azienda, dell’efficacia di tutto il percorso, verificando che le competenze e le nuove conoscenze acquisite dalle risorse

vengano trasformate in azioni concrete e se queste, nel medio-lungo periodo, comportino o meno dei risvolti positivi per l’azienda stessa.

  1. La revisione del processo formativo.

Spesso, ed erroneamente, molti credono che la fase di valutazione sia l’ultimo step del percorso di formazione. Invece a questa fase segue quella, probabilmente, più importante di tutte, ossia la fase di revisione del processo formativo. Questo perché è da ciò che emerge dalla valutazione che l’azienda può rivedere e tarare meglio i successivi percorsi, individuando dove si è commesso qualche errore e, nel caso, rimediare agli stessi.

Formare il proprio personale su competenze specifiche relative all’azienda o ai suoi settori correlati è determinante per essere competitivi nel mercato imprenditoriale. Quindi, intendere le risorse umane come proprio capitale, in quanto ricchezza aziendale di professionalità, porta a investire logicamente su di esso per un miglior rendimento professionale e umano.