Imprenditori straordinari

Pensi di essere un imprenditore ordinario o straordinario? Sulla base di che cosa ti daresti una di queste definizioni? Sei davvero certo di conoscere il significato del concetto “straordinario”?

Partiamo dall’inizio, da ciò che mi ha portato a fare questa riflessione e a chiedermi cosa dovessi fare per essere un imprenditore straordinario.

Nel corso degli anni di attività nel settore dell’imprenditoria e del Business Coach ho avuto modo di entrare a stretto contatto con diversi tipi di imprenditori che svolgevano, e alcuni tutt’ora svolgono, le più svariate professioni, dal proprietario di attività commerciali nel settore della ristorazione al titolare di azienda del settore tessile.

Nonostante le differenze tra le molte attività incontrate, c’è sempre stato, tra tutte, un qualcosa che legava ognuna di queste professioni; un qualcosa simile ad una sorta di lamentela o, per essere più precisi, una “paura” condivisa dai più. Mi riferisco ai guadagni derivanti dalla propria attività per fronteggiare tutte le spese che il ruolo comporta.

Le frasi più popolari che sento ripetere sono: “Lavoriamomoltoeguadagniamopoco’: “Noiciprendiamodeirischi”,“Aidipendentiinteressapocoonulladell’azienda’:Questi sono alcuni esempi delle esternazioni più ricorrenti tra tutti gli imprenditori, ma quella che reputo la più “bella” di tutte è: “Lavoro per pagare idipendenti!”.

Ecco. Fermiamoci un attimo. Tali affermazioni meritano un’attenta analisi.

Essere imprenditore significa, prima di tutto, aver chiaro quale sia il proprio business, assumere consapevolezza e responsabilità del proprio ruolo e di conseguenza di ciò che si dice e si crede.

L’ordinarietà dell’imprenditore risiede proprio in questo: lavorare 10 ore al giorno e spesso anche di più, rischiare, ricevere lo “stipendio” dopo essersi assicurati di aver pagato i propri dipendenti/collaboratori, prendersi cura di sé stessi perché non si può essere mai assenti, continuare a formarsi, avere una lodevole cultura finanziaria. Sono tutti aspetti che rientrano nell’ordinarietà di questo ruolo e che quindi fanno di voi un imprenditore ORDINARIO.

Ciò che, invece, viene richiesto a questa professione è di diventare IMPRENDITORI STRAORDINARI, di cominciare a pensare in modo straordinario e fare cose straordinarie. È esattamente questo il punto! Ed è ciò chi mi porta a riflettere sul mio modus operandi ogni giorno, su come relazionarmi con le risorse, su cosa migliorare nel mio business per diventare straordinario.

Ci chiedevamo all’inizio il significato del concetto straordinario. Bene, l’enciclopedia Treccani1 riporta quanto segue: “Non ordinario, che esce dall’ordinario, dal solito, dal normale o dal comune”. In sostanza, applicando tale definizione al nostro contesto, possiamo intendere ciò che nessuno fa.

Quando pensiamo di fare qualcosa di straordinario, ciò che dobbiamo chiederci è: chi sta facendo questa cosa? Se la risposta sarà “nessuno!” vuol dire che sei sulla strada giusta! Ricordiamoci che quanto appena visto vale per ogni settore di un’azienda e che bisogna focalizzare le proprie energie sul fare qualcosa di straordinario per i propri dipendenti, per la mission aziendale, per i beni e servizi che l’attività produce.
Insomma, straordinario si, per tutto ciò che comporta il tuo lavoro e, di conseguenza, per tutto ciò che riguarda la tua vita.

1 1 http://www.treccani.it/vocabolario/straordinario/

Un’occasione di sviluppo del business: la scelta strategica dei collaboratori.

L’imprenditore, per sua natura, deve avere il dono della VISIONE, deve vedere dove gli altri ancora non vedono e cercare il business in ambienti ancora inesplorati.

Per raggiungere i suoi obiettivi deve avvalersi necessariamente del detto “Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme” e può farlo solo scegliendo con cura i propri collaboratori.

Quali sono gli elementi che l’imprenditore deve prendere in considerazione per circondarsi di una squadra sempre all’altezza dell’azienda?

Vediamo insieme alcuni aspetti importanti:

  1. Guardare oltre il curriculum. Per fortuna i recruiters (o meglio quelli più all’avanguardia) non si fermano dietro alle righe del curriculum ma riescono a vedere nelle pieghe della carta cercando di scovare le caratteristiche che fanno di quel candidato il candidato vincente. Questo modus operandi dovrebbe essere applicato anche dall’imprenditore quando sceglie i propri collaboratori. Se è vero che gli aspetti strettamente legati alle mansioni sono importanti, è fondamentale che il candidato creda nei valori dell’impresa, ne condivida la cultura e ne sposi la mission, perché le competenze tecniche con il tempo invecchiano e devono essere sempre coltivate, mentre le soft skills intrinseche della risorsa restano.
  1. Lavoro di squadra, SI grazie! È vero, sembra una frase fatta, ma vi assicuro che non lo è. Quando si inserisce un nuovo collaboratore è NECESSARIO (e lo scrivo volutamente maiuscolo) svolgere una serie di azioni per far sì che l’inserimento nel meccanismo aziendale sia un passaggio rapido ma efficace. Questa fase si chiama in gergo tecnico “onboarding” ed è un insieme di procedure che l’azienda mette in pratica per l’inserimento di un nuovo dipendente. Scrivere una mail di benvenuto, informarlo sulle policy aziendali, fare un breve tour degli uffici presentando in modo approfondito i colleghi, fargli trovare già il primo giorno le credenziali di accesso con una mail personale attiva, mettere a diposizione del materiale informativo aziendale, sono solo alcune delle “buone pratiche da utilizzare per organizzare un benvenuto in azienda formale che getti le basi per un solido rapporto professionale.
  1. Formazione, non ti scordar di me! Scegliere un buon collaboratore è solo l’inizio della lunga storia d’amore che lo vedrà protagonista con l’azienda ma non dimentichiamoci che anche il più creativo dei collaboratori ha sempre bisogno di stimoli nuovi, di confronti e di formazione. Accrescere il suo bagaglio di competenze è un dovere dell’azienda così da renderlo sempre più autonomo, responsabile e pronto alle esigenze che un mercato mutevole come quello di questo periodo richiede.

Purtroppo, un’assunzione sbagliata può comportare ingenti danni: economici, investimento di tempo andato perduto, scompiglio degli equilibri nel team. La scelta delle risorse è importante allo stesso livello di tutte le scelte strategiche che l’imprenditore fa ogni giorno. Per questo è importante saper “cercare” ma anche saper leggere tra le righe, motivare, coinvolgere e formare per far sì che la lunga “storia d’amore” tra il collaboratore e l’azienda non perda mai l’entusiasmo del primo giorno insieme.

La formazione e la sua importanza

Al giorno d’oggi, in un mercato imprenditoriale sempre più complesso, ogni azienda punta a preservare la propria competitività e, per farlo, attinge da una risorsa che consente di possedere un vantaggio nei confronti dei rispettivi competitors, la FORMAZIONE.

Per un’azienda è fondamentale motivare e gratificare le risorse umane che operano al suo interno, in quanto queste vedono in maniera senz’altro positiva l’intento aziendale di investire su dei percorsi formativi-professionali.

Da questo punto di vista la formazione mostra risvolti positivi in 3 direzioni:

  1. Fa acquisire competenze;
  2. Colma eventuali lacune all’interno dell’azienda;
  3. Valorizza le potenzialità e può determinare la scoperta di talenti.

Ma in cosa consiste, dunque, un processo di formazione?

Solitamente tale processo di formazione del personale si articola in 4 fasi:

  1. L’analisi del fabbisogno.

Ancor prima di intervenire in termini di formazione, l’azienda deve occuparsi di capire quale possa essere l’effettivo fabbisogno formativo. Per questo motivo viene svolta, in prima istanza, un’analisi in ogni reparto aziendale, dove saranno raccolte informazioni sulla vision dell’azienda, sull’andamento del mercato e dei competitors, sull’organizzazione della sede. Successivamente verranno evidenziati tutti i possibili margini di miglioramento e saranno stabilite le principali aree di intervento.

  1. Progettazione ed erogazione della formazione.

Alla luce di quanto appreso dalla prima fase di analisi, è determinante pianificare tutto il percorso di formazione, dai contenuti ai criteri di valutazione, passando per le modalità e le tempistiche di svolgimento.

  1. La valutazione del processo.

La terza fase prevede la valutazione, da parte dell’azienda, dell’efficacia di tutto il percorso, verificando che le competenze e le nuove conoscenze acquisite dalle risorse

vengano trasformate in azioni concrete e se queste, nel medio-lungo periodo, comportino o meno dei risvolti positivi per l’azienda stessa.

  1. La revisione del processo formativo.

Spesso, ed erroneamente, molti credono che la fase di valutazione sia l’ultimo step del percorso di formazione. Invece a questa fase segue quella, probabilmente, più importante di tutte, ossia la fase di revisione del processo formativo. Questo perché è da ciò che emerge dalla valutazione che l’azienda può rivedere e tarare meglio i successivi percorsi, individuando dove si è commesso qualche errore e, nel caso, rimediare agli stessi.

Formare il proprio personale su competenze specifiche relative all’azienda o ai suoi settori correlati è determinante per essere competitivi nel mercato imprenditoriale. Quindi, intendere le risorse umane come proprio capitale, in quanto ricchezza aziendale di professionalità, porta a investire logicamente su di esso per un miglior rendimento professionale e umano.

Come si svolge il colloquio di lavoro

In precedenza vi ho dato alcuni suggerimenti e delucidazioni su “Come scrivere un CV” e “Come prepararsi al colloquio”. A questo punto è utile avere anche informazioni riguardanti lo svolgimento del colloquio di lavoro.

Quando si arriva al momento del colloquio, solitamente le aspettative sono al massimo e spesso il tutto si può giocare in pochi minuti. Ragion per cui ritengo fondamentale illustrarvi come padroneggiare al meglio questa fase.

Sinteticamente possiamo dividere il colloquio in quattro fasi determinanti:

  1. PRESENTAZIONE

Molti sono giustamente convinti che la prima impressione sia determinante durante il colloquio. Ovviamente questo aspetto non è l’unica cosa che conta ma è fuori dubbio che presentarsi nel migliore dei modi davanti al selezionatore giochi un ruolo primario nella buona riuscita di questa fase. Porsi in maniera cordiale, una stretta di mano decisa, sicurezza durante il dialogo, sono tutti indicatori che il recruiter riceverà in maniera positiva. Sentirsi a proprio agio già in fase colloquio, da una buona probabilità di far pensare a chi vi sta “intervistando” che l’offerta per la quale vi siete candidati sia il lavoro giusto per voi.

  1. IL COLLOQUIO VERO EPROPRIO

In un secondo momento il recruiter vi spiegherà in cosa consiste la proposta per la quale vi siete candidati e, molto probabilmente, vi porrà alcune domande. A questo punto bisogna aver chiaro in mente cosa NON bisogna dire e, nel momento in cui vi verrà chiesto di parlare di voi, è consigliabile prepararsi per tempo una risposta chiara ed esaustiva da dare, lavorando bene su quelli che sono i vostri punti di forza e le vostre debolezze. È sconsigliato, quindi, procedere improvvisando in questa situazione, in quanto potrebbe uscir fuori un risultato controproducente.

  1. DOMANDE DA PARTE VOSTRA

Successivamente a quanto appena visto, c’è da aspettarsi una fase del colloquio in cui il selezionatore lascerà spazio alle vostre domane, curiosità o interesse per l’azienda alla quale avete presentato la vostra candidatura. Considerate che le domande che porrete in questo momento saranno un’occasione preziosa sia

per comprendere bene in cosa consisterà il lavoro, sia per avere un’idea più precisa relativamente alla cultura dell’azienda in questione.

  1. FASE FINALE E DOMANDEMOTIVAZIONALI

Arrivati a questo punto, spesso i candidati si sentono porre la seguente domanda: “perché dovremmo assumere proprio lei?”. Alla quale solitamente segue: “dove si vede tra 5 anni?”.

Queste domande sono un modo per intuire le reali motivazioni del candidato per la posizione in questione e per capire quale sia la sua intenzione a crescere all’interno della realtà aziendale.

Ovviamente a queste domande non esiste una risposta universale in quanto quest’ultime varieranno a seconda del soggetto e del contesto di riferimento. Però, ciò che possiamo dire con fermezza è che la strategia migliore per rispondere e dare una spiegazione soddisfacente al perché “dovreste essere voi il candidato giusto” consiste nell’adottare un approccio preciso che metta in risalto le vostre potenzialità, sottolineando i miglioramenti che potreste apportare all’azienda.

Concludendo, la consapevolezza di ciò che andremo ad affrontare, dei nostri punti di forza, della chiarezza negli obiettivi e delle giuste risposte a precise domande, sono alcuni ingredienti sui quali lavorare per un approccio positivo a questa fase importante per la ricerca di lavoro!

Prepararsi al colloquio

Se siete su questo documento probabilmente il vostro CV ha sortito l’effetto desiderato. E magari, cosa che mi auguro, il precedente articolo vi è stato d’aiuto.

Dicevamo, il vostro CV ha attirato l’attenzione del selezionatore e siete stati contattati per un colloquio in seguito ad una vostra candidatura. E ora? Cosa ci aspetta? Come dobbiamo comportarci? Possiamo prepararci per far sì che il colloquio proceda nel migliore dei modi?

Queste sono alcune delle domande che immediatamente ci poniamo dopo la telefonata del selezionatore e la risposta è: “assolutamente sì!”. Di seguito elencherò alcuni consigli pratici per questo specifico caso, la preparazione al colloquio.

La prima cosa da fare è informarsi sull’azienda a cui si è inviata la candidatura. Chi si occupa della selezione è alla ricerca di candidati che conoscano almeno un po’ il settore e che dimostrino di sapere di cosa si occupa l’azienda e quali servizi o prodotti propone. Non informarsi, infatti, può essere percepito come un segnale di scarso interesse.

Detto questo, è consigliato prepararsi alla “job interview” reperendo informazioni sulla specifica azienda e per farlo potete seguire queste 4 semplici indicazioni:

  1. Visitate le sezioni “Chi siamo”, “I nostri servizi/brand/prodotti” del sito aziendale: in tal modo potrete individuare di cosa si occupa l’azienda, qual è la sua storia, i suoi punti di forza e cosa la differenzia dalle altre realtà del settore.
  2. Sfruttate i social network: Visitare le pagine dei canali online permette di vedere quali sono le ultime novità e com’è strutturata l’interazione con gli altri utenti o gli eventuali clienti.
  3. Scoprite la cultura aziendale: i profili Instagram o i blog aziendali conferiscono informazioni che probabilmente non saranno utilizzate durante il colloquio ma che potrebbero tornare utili nel caso in cui vi chiedessero perché vi piacerebbe lavorare lì.
  4. Conoscere il settore d’interesse ed eventuali competitor: avere informazioni sul mercato di riferimento e i suoi competitor principali vi farà fare una gran bella figura.

Queste informazioni sono reperibili visitando la pagina Linkedln dell’azienda e osservando le altre aziende simili che la piattaforma vi proporrà in automatico.

Avere un’idea di cosa possa aspettarvi durante il colloquio e dedicando un po’ di tempo alla ricerca è possibile reperire le informazioni per prepararsi al meglio. Con questi consigli sicuramente non posso farvi prevedere eventuali sorprese che potrebbero esserci durante un colloquio ma è sempre meglio fare in modo che queste siano belle anziché brutte!

Come scrivere un curriculum vitae

Il principale “biglietto da visita” che abbiamo per farci conoscere è il Curriculum Vitae. Molto spesso non viene dedicata la giusta importanza o il tempo necessario ad una corretta preparazione del CV; per questo motivo di seguito evidenzio delle linee guida che consentano una stesura ottimale di questo documento, informandovi su come evitare gli errori più ricorrenti che si riscontrano nella preparazione.

Il CV mostra quelle che sono le esperienze professionali e formative di un soggetto e serve a mettere in risalto le proprie capacità e attitudini. È il primissimo strumento di valutazione che diamo ad un’azienda nel momento in cui rispondiamo ad un annuncio/offerta di lavoro o nel momento in cui lo inviamo per una autocandidatura.

Ciò fa capire che un CV ben compilato, possibilmente allegato ad una efficace lettera di presentazione, può essere determinante nel farsi notare dall’azienda e ottenere un colloquio con il datore di lavoro o con l’azienda che si occupa di recruiting.
Oltre a questo va considerato che il CV è determinante anche dopo il colloquio, in quanto serve a ricordare quali sono le tue qualifiche e i tuoi contatti. I recruiter infatti utilizzano il CV sia prima che dopo il colloquio con il candidato.
il “grassetto” sulla parola “contatti” usata in precedenza non è casuale, infatti tra i consigli che andremo ad elencare, l’aspetto visivo è uno dei punti più importanti che tratteremo! Per la serie, “anche l’occhio vuole la sua parte”.

Le caratteristiche, dunque, che deve avere un CV di “successo” sono le seguenti:

  • Lunghezza: massimo 2 o 3 pagine. Mediamente il recruiter impiega una ventina di secondi per visionare il CV, per questo motivo è preferibile non dilungarsi in particolari non rilevanti.
  • Ordine ed efficacia: per rendere più confortevole la lettura possono essere usati gli elenchi puntati e il grassetto (come dicevamo prima). Non devono essere presenti errori di battitura ed è preferibile mantenere una grafica coerente e precisa, magari utilizzando font come Times New Roman o Arial. (Va sempre tenuto presente che un CV disordinato può essere considerato come elemento di superficialità).
  • Riconoscibilità: è consigliato inserire nel CV una fototessera professionale, con outfit adeguato. Ciò permette all’azienda o al recruiter di farsi un’idea di chi andrà ad incontrare. Anche l’immagine che comunichiamo ha la sua importanza.

Abbiamo finora visto quelli che sono gli aspetti più importanti che bisognerebbe sempre considerare quando si prepara un curriculum; di seguito riporto gli aspetti che, contrariamente, andrebbero sempre evitati:

  • Mentire: sia sull’esperienze lavorative che sulle proprie capacità e abilità professionali. Un recruiter, in sede di colloquio, impiega pochi minuti per mettervi alla prova.
  • Inviare un curriculum senza foto o con foto poco professionali: del primo caso se n’è già spiegato il motivo sopra parlando di “Riconoscibilità”. Del secondo, è bene sottolineare che inserire nel CV una foto al mare, in un locale, o stile selfie, rende il vostro documento immediatamente poco professionale e, di conseguenza, non fa “colpo” sul recruiter che sta operando il cosiddetto screening preselettivo.
  • Tutto ciò che ostacola l’aspetto “Ordine ed Efficacia” visto in precedenza: errori di battitura, assenza di una logica nella struttura, font diversi nello stesso documento o elaborati e di difficile lettura, font con colori diversi.
  • Monologhi e frasi complesse: essere brevi, in queste circostanze, ha un’incidenza notevolmente superiore alla scrittura di un saggio in cui raccontare le rispettive esperienze.

In conclusione, il consiglio che sento di darvi è fare in modo che il curriculum assomigli il più possibile al soggetto che lo prepara e ora, che avete qualche linea guida in più su come scriverlo, vi suggerisco di mettervi all’opera e creare il vostro miglior curriculum! In bocca al lupo!

La Brand Identity

Quando conosciamo qualcuno, la prima cosa che ci colpisce è inevitabilmente l’aspetto fisico. Iniziamo a guardare come quella persona si presenta, la scelta dei suoi abiti, il colore dei capelli, la sua gestualità. Questi sono i primi segnali che acquisiamo.

La stessa cosa, contestualizzata, succede con la Brand Identity che, tecnicamente, significa: “identità di marca, concetto del marketing che prevede che l’identità di un’azienda sia solida e chiara affinché il target di riferimento possa riconoscere la marca con semplicità ed allinearla alla brand image”.

I termini “brand”, “branding” e “brand identity” spesso sono considerati come sinonimi, ma non è così. Facciamo chiarezza:

  • il brand è la percezione dell’ azienda agli occhi del mondo;
  • il branding riguarda tutte le pratiche di marketing volte a far emergere sul mercato un determinato brand;
  • la brand identity è l’insieme di tutti quegli elementi visibili e tangibili che l’azienda crea per dare una specifica immagine di sé al consumatore.

Quando si pensa ad una nuova attività o ad un nuovo progetto/prodotto da lanciare sul mercato, bisogna partire dalla costruzione di un’immagine coordinata solida ed efficace. Vi starete chiedendo: come fare? Quali sono i passaggi da seguire e come riuscire ad emergere?

La prima cosa da fare è affidarsi a dei professionisti.

Qui entra in gioco la figura del grafico (di cui abbiamo parlato in un precedente articolo), professionista in grado di analizzare tutto l’insieme degli elementi chiave per sviluppare una Brand Identity vincente.

Sappiamo bene che si parla di un mondo creativo vastissimo ma bisogna seguire un percorso preciso per evitare di perderci o fare qualcosa che non rispecchi il core business della nuova attività/prodotto che stiamo per lanciare.

Andiamo per passaggi:

  • Il grafico deve fare chiarezza e aiutarvi a capire cosa comunicare del nuovo brand. Attraverso una specifica analisi riuscirà a capire quali sono le caratteristiche e i valori da comunicare graficamente.
  • Successivamente sarà il momento di dar spazio alla creatività nella realizzazione del naming e del logo che racconterà il vostro brand.
  • Ognuno di questi passaggi implicherà la scelta dei colori, dei font e dello stile, in modo da coordinare tutto il processo messo in atto.

Una Brand ldentity forte serve a rendervi visibili e riconoscibili, evitando il rischio di passare inosservati. Infatti, l’obiettivo principale è proprio quello di “colpire” positivamente e subito il nostro pubblico.

Dare una buona prima impressione, far percepire che la nostra immagine è solida, chiara e strutturata, sono elementi che fanno parte della Brand ldentity. Si tratta di un percorso che richiede un necessario impegno da parte dell’azienda che, inoltre, dovrà tenere sempre in considerazione che, ciò che si sta realizzando, servirà a rispecchiare la propria identità sul Web.

Consiglio, dunque, di non modificare repentinamente il lavoro fatto una volta raggiunto l’obiettivo prefissato, ma di scegliere e far creare un “prodotto” che dovrà rappresentarvi per più tempo possibile.

Chiarito ciò, bisogna porsi alcune domande: Conosci fino in fondo te stesso? Cosa vuoi raccontare? Come puoi raccontarlo?

Queste domande sono la chiave di tutto. Non riuscirai mai a raccontare il tuo brand se non capisci fino in fondo cosa vuoi rappresentare e come vuoi raccontarlo.

Errori come questo generano dei cambiamenti radicali che rallentano sempre di più il processo di conoscenza del brand. Più cambierete il vostro aspetto, meno le persone vi riconosceranno e ricorderanno.

Questo è un primo e breve quadro generale sull’importanza della Brand ldentity. Nei prossimi articoli vi parlerò degli elementi che compongono l’immagine coordinata, così da scoprire piano piano tutti i passaggi che servono per creare un brand solido.

“La risorsa più preziosa della tua azienda è la sua immagine presso i clienti”

[BrianTracy].